Si è perso circa il 50% dei volumi prodotti e il numero delle imprese si è ridotto del 40%.
Nel 1994 si producevano circa 400 milioni di paia con circa 8000 imprese. Il settore era internazionalmente riconosciuto come leader sia nelle tecnologie per la lavorazione delle pelli e delle calzature che nella gestione della impresa, nella cura dei particolari, del prodotto, il tutto sostenuto anche da settori collaterali di qualità come le concerie e il sistema degli accessori.Cosa è successo negli ultimi 20 anni? Si è perso circa il 50% dei volumi prodotti e il numero delle imprese si è ridotto del 40%. Il rischio concreto è diventare marginali: si è rincorsa una competizione da prezzo attraverso la costruzione di un sistema di decentramento della produzione, efficiente, anche se lontano (fabbriche nei paesi dell’Est o nel Nord Africa). Questo ha permesso di mantenere i rapporti con i clienti tradizionali e i grandi retailers, ma ha allontanato ancora di più il vero problema: costruire un rapporto stabile con i propri clienti attraverso una distribuzione più mirata e di qualità.
Cosa si può fare?
Vanno ripensate le strategie commerciali e di prodotto sia nei mercati tradizionali che nei nuovi mercati. C’è ancora nel mondo una voglia di prodotti italiani belli e ben fatti, occorre però saperli proporre nel mercato in modo nuovo. Ci si è abituati ad essere comprati dai grandi retailers che hanno necessità di un prodotto “marcato” italiano ma che deve anche competere in termini di prezzo con prodotti di altri paesi. Questo spesso ha orientato le aziende verso alcune tipologie di prodotto più adatte a completare la gamma di qualche grande distributore piuttosto che lavorare su una collezione pensata per i propri clienti. Tutto questo non può andare bene nel lungo periodo.
È’ chiaro che le aziende italiane non sono più in grado di competere con il costo del lavoro dei paesi orientali o dei paesi dell’est, anche i decentramenti sempre più spinti e sempre più lontani non fanno altro che semplificare e banalizzare il prodotto. Occorre tornare a produrre in Italia, fare ricerca, fare qualità, in sostanza costruire quelle barriere simboliche in grado di esaltare il saper fare, la cura del dettaglio, la differenziazione, la gestione della complessità, guardando oltre ai modelli delle imprese del lusso che rimangono sia per investimenti che per ritualità qualcosa a parte.
Un possibile scenario:
E’ necessario tornare ad essere attori nel proprio mercato: questo passa attraverso un diverso approccio con la distribuzione. Accanto alla capacità di rimanere collegati ai grandi retailers (soprattutto all’estero) si deve tornare a parlare con il proprio consumatore. Avviare nuove reti distributive dove dare senso alla qualità e alla differenziazione, dove si possa vivere le esperienze legate al saper fare. Questo può essere promosso da gruppi diversificati di imprese del settore che insieme possano garantire una offerta completa e vera. Nuovi concept che si affianchino alla distribuzione tradizionale e che permettano di ottenere spazio nei nuovi mercati. Concept che possano trovare nella distribuzione tradizionale gli alleati o i partner per nuovi percorsi distributivi.